I VESTITI DEL RE

La mia sola dipendenza è la libertà.
E non intendo disintossicarmi.
****
I'm addicted to freedom only.
And I'm not going to undergo any treatment.

Visualizzazione post con etichetta Diritti Umani. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Diritti Umani. Mostra tutti i post

lunedì 24 marzo 2014

IL TEMPO E' RELATIVO

Sbattendo contro questo articolo mi è tornata in mente una pseudo-conversazione avuta con un collega, qualche mese fa.

Alla mia considerazione secondo cui i nostri orari di lavoro e le giornate di impegno (non equamente retribuiti peraltro), lasciassero ben poco, troppo poco, spazio alla vita privata  (davvero poco, a volte nessuno per intere settimane), 
il suo sornione commento, è stato qualcosa del tipo "di che ti lamenti, come faresti se avessi famiglia?". 

Premesso che con impegni tanto pervasivi pensare di dedicarsi come sarebbe richiesto (con attenzione, cura e presenza) ad eventuale prole non sarebbe possibile (anche se, "naturalmente", per i colleghi maschi che svolgono il medesimo lavoro è diverso, poiché ci si aspetta siano le mogli ad occuparsi di casa e figli), 
non avere famiglia potrebbe essere una scelta deliberata e consapevole,
e tale scelta potrebbe essere finalizzata anche a garantirsi la possibilità di dedicare del tempo a sé stessi, a coltivare i propri interessi e relazioni, e perché no, a ricaricarsi per affrontare il lavoro con energie rinnovate, il nocciolo della questione è un altro.

Il lavoro deve essere di per sé gratificante, fa parte della vita di una persona e dovrebbe arricchirla, non impoverirla. Dovrebbe essere stimolante ed interessante. 
E i diritti delle persone che lavorano dovrebbero essere riconosciuti in modo giusto e "naturale".
Pare non sia così, e pare sia "meno così" per le donne.

Non si tratta di scegliere tra "scarpe" e "bambini", di essere o meno madri.
Si tratta piuttosto di superare questa assurda distinzione tra l'uomo, che ha tutto il diritto non solo di lavorare (e molto) ma anche di avere spazi per sé (che sia o meno anche un padre), e la donna, alla quale non viene riconosciuta la facoltà di avere una propria vita oltre ai doveri.

Non è quindi tra "single" e "mamme" che dovremmo andare a cercare la discriminazione.

***

Il tempo di noi single non vale meno di quello di voi mamme
di Elvira Serra 
 
 Lo so, rischio l’impopolarità. 
Ma questa cosa bisogna dirla. 
Il valore del tempo, come la legge, deve essere uguale per tutti. 
Qualche giorno fa un’amica mi ha raccontato: Sai, al lavoro stavo facendo sette cose contemporaneamente quando il mio capo mi ha chiesto se dopo potevo aiutarlo con un’altra. 
L’ufficio era deserto. Così sono sbottata: scusa, ma dove sono finite tutte? 
E lui, serafico: ma loro hanno dei bambini, ho detto che potevano andare a casa 
 Come se l’essere mamma facesse acquisire per diritto di parto dei crediti negati a chi mamma non lo è (e certo, se continua a lavorare così tanto figuriamoci se lo sarà mai!). 
Come se il tempo dell’una fosse in automatico più prezioso del tempo dell’altra. Il caso non è isolato. 
E il tema è ancora più caldo adesso. Non solo perché bisogna fare la denuncia dei redditi e, come ha scritto la mia collega Antonella Baccaro nel suo forum, se sei single paghi più tasse. 
Ma perché si avvicina la programmazione delle ferie estive e cominciano le grandi manovre per spostare le X sul tabellone delle presenze. 
Chissà perché, me lo ha confermato settimana scorsa un altro amico che fa il tecnico dei computer, quando c’è da cambiare le date si chiede sempre a chi non è sposato e non ha famiglia, facendolo pure sentire in colpa Dai, cosa ti costa? Tu non hai nessuno, lui invece ha la moglie con i giorni blindati A sentire tutte queste storie mi viene in mente Carrie Bradshaw quella volta che è andata alla festa per la nascita del nuovo figlio di Kyra e Chuck. Costretta a levarsi le scarpe all’ingresso, al momento di andare via si accorge che gliele hanno rubate. Era un paio di strepitose Manolo Blahnik color argento da 485 dollari, immolate sull’altare della sacra famiglia americana. 
Tant’è che Kyra minimizza con Carrie: “Non è il caso di prendersela tanto, è solo un paio di scarpe. E costa una cifra immorale!”. Carrie per un attimo mette in discussione il valore della sua vita di single, ma infine risolve la faccenda facendo una fantomatica lista nozze per il suo matrimonio con se stessa e invitando l’amica a partecipare al lieto evento acquistando l’unico articolo scelto come regalo: le Manolo perdute. Che così ritornano a casa. Quindi, sapete che c’è? C’è che io voglio le mie Blahnik. Metaforicamente (ma anche no). 
Il mio tempo di single vale come quello di una felice pluripara. 
La mia serata sul divano a leggere un libro è per me altrettanto vitale, rinfrancante e importante di quanto non sia per una mamma coccolare il suo bebè. 
Dunque, avviso ai naviganti: d’ora in poi per cambiare il turno delle ferie si estrae a sorte. 
E, in attesa di un figlio, io mi tengo le scarpe.

corriere.it


venerdì 21 marzo 2014

SEXISM AND THE SILICON VALLEY

Mi indirizzo per caso su un articolo il cui titolo attira la mia attenzione:
"Il sessismo nella Silicon Valley e lo "strano" caso di Julie Ann Horvath". 
Leggo distrattamente, e lì per lì non capisco cosa ci sia di "strano". 
La giornalista esordisce così: 

"C’è una storia che sta facendo molto discutere i media americani e che parla di un tema assai controverso,quello del sessismo nell’industria del tech e nel mondo del lavoro in generale. 
- Da noi le discriminazione di genere sul posto di lavoro sono ancora un tema poco toccato. Le donne  in molte realtà italiane sono ancora costrette a combattere per il permesso di maternità e sono ancora troppo poche nei posti di comando per fare emergere la questione. Ma c’è da starne certi: tra qualche anno il dibattito diventerà caldo anche da noi."

Niente di "strano", dunque.

Un'ordinaria (purtroppo) storia di discriminazione di genere.
Continuo a leggere, cercando qualche spunto di riflessione, amara, naturalmente.
E mi sembra di non sentire nulla di nuovo, nulla di fuori dall'ordinario, niente di ecclatante.
Proseguo.

"Horvarth racconta di aver lavorato duro per cambiare la cultura maschilista, tipica dell’ambiente tecnologico che tiene fuori dalla porta le donne in quanto considerate “inesperte” e che funziona come un club per soli maschi. E spiega di essersi fatta valere puntando i piedi."
 [...]

Ma la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso di Julie è stata un’altra. 
“Un giorno ho visto due mie colleghe, due amiche e due donne che stimo molto, giocare con l’hula hoop in ufficio. 
E fin qui niente di male. 
Peccato che lo stessero facendo davanti a un gruppo di colleghi uomini che stavano lì seduti a guardarle e battevano le mani. 
Come se fosse uno strip club. 
Non ci ho più visto e me ne sono andata”.
[...]
Al di là del merito, questa storia è interessante perché dimostra come il problema del sessismo sul posto di lavoro (che sia in ambito tecnologico o meno) è ancora molto grande. Persino in realtà moderne e all’avanguardia come la Silicon Valley. 
E che le donne, cercando di combatterlo, mettono a rischio le loro carriere. 
Ma non solo. 
Quanto accaduto a Horvath dimostra come spesso siano le donne a fare la guerra alle donne sul posto di lavoro.  
“Femminista da strapazzo” sta diventando infatti un insulto molto comune, rivolto a quelle donne che non accettano comportamenti discriminatori o battute sessiste dai loro superiori. E non sempre queste parole escono dalla bocca di un uomo"


E ancora non trovo nulla che mi "stupisca".
Ho addirittura l'impressione che sia un'articolo buttato lì, giusto perché l'argomento ogni tanto torna di moda, viene trattato in modo superficiale ma nella realtà dei fatti ignorato nel profondo.

Ed ecco che (illuminazione!) l'interesse si risveglia.
E' proprio questo meccanismo perverso, che ci fa dubitare della realtà dei fatti, che ci fa sminuire la gravità ed il peso di certe situazioni, il problema.
Questa nostra "abitudine" a considerare le battute, i comportamenti squalificanti, questa ostentata condiscendenza nei confronti di esseri che (è palese, è ovvio, è naturale), sono diversi.
Qui risiede il problema.

Non entro nel merito dell'episodio o del fatto in sé, non lo conosco e non ho letto abbastanza.
Mi soffermo sull'impressione che un articolo come questo produce.
Vicino al nulla.

Poi finalmente una conclusione (astratta e avulsa dal contesto) che di nuovo risveglia l'attenzione, e che condivido.

"Ma davvero ribellarsi a logiche ottocentesche, rifiutare le battutine, sottrarsi al gioco di compiacimento [...] attraverso la comunicazione fisica o non accettare di essere messe all’angolo nonostante si sia sgobbato [...] è roba da femministe? Non è piuttosto il comportamento di essere umani che lavorano e pretendono, come tutti, che i loro diritti siano rispettati?

Ecco, al di là dello specifico caso, questo è un interrogativo che ha senso.
Questo è il punto di partenza (e forse anche di arrivo).
La richiesta di vedere riconosciuti i propri diritti è legittima, è doverosa.
Pretendere di non vedere sempre preso in considerazione il proprio corpo piuttosto che la persona nella sua interezza.
Sembra un'inezia. E' una montagna.
 
Al di là del caso specifico.

Fonte

lunedì 25 novembre 2013

LA VIOLENZA NON E' UGUALE PER TUTTE

Tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non Governative (ONG) ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno. 

"Si chiama “violenza”, includendo quella di genere, quella che si realizza su una persona opprimendone l’autodeterminazione".

"Se dentro casa io mi ribellassi al potere di un uomo che intende controllare e reprimere la mia lotta per l’autonomia,  non si chiamerebbe violenza quella oppressione? Com’è perciò possibile che mi venga detto di esigere la libertà di dissentire, scegliere, autodeterminare la mia esistenza a casa se, invece, quando scendo in piazza per rivendicare il diritto a un tetto e al reddito si fa di tutto per farmi apparire una criminale e si dirà che sono un problema di ordine pubblico?"


Qualche mese fa ho assistito mio malgrado, sul luogo di lavoro, ad una conversazione tra uomini (il titolare ed alcuni dipendenti di una medesima azienda) che commentavano l'omicidio di una donna (la notizia sul Gazzettino on line).
Alcuni di questi in particolare avevano conosciuto personalmente la donna in questione, con la quale avevano lavorato per un periodo.
L'esordio nel definire la loro conoscente defunta è stato qualcosa del tipo "una gran gnocca" (concetto ripetuto più volte con varie perifrasi ed espressioni anche non verbali piuttosto colorite). 
Nessun accenno alla personalità, agli interessi, alla professionalità, naturalmente.

La conversazione è poi proseguita con l'osservare come l'attributo di "gran gnocca" della signora in questione fosse causa di antipatie nei suoi confronti da parte delle colleghe (naturalmente femmine), le quali usavano riservarle trattamenti poco professionali e di grande ostilità.
Comportamenti questi stigmatizzati come tipicamente femminili, illogici, infondati e ingiustificati.
Oltre che "cattivi". 
La sentenza finale è stata qualcosa come "Solo le donne sono capaci di tanta crudeltà. Un uomo non lo farebbe mai".
(Acuta analisi, argomentazioni di grande spessore, è sempre un piacere assistere a questo tipo di chiacchiere da bar senza poterle scansare).

Ho finto di ignorare la cosa.
Ho omesso di far notare loro che la ragazza è stata uccisa. 
E non dalle sue colleghe.
Bensì probabilmente da un uomo. Il suo datore di lavoro, tra l'altro.

L'omicidio è violenza.
Ma è anche vero che non è l'unica forma.
Che le cattiverie, la perfidia che si incontra quotidianamente sui luoghi di lavoro non è da sottovalutare.
Ho omesso anche di ricordare loro che troppo spesso nei contesti lavorativi e professionali i comportamenti che avevano condannato verbalmente poco prima sono perpetrati da maschi sulle colleghe e proprio in quanto femmine.
E che se ci guardassimo attorno senza preconcetti, con la voglia di vedere davvero, non potremmo affermare senza mentire che "Solo le donne sono capaci di tanta crudeltà. Un uomo non lo farebbe mai".

Non è così.









mercoledì 26 dicembre 2012

ASSASSINIO

Leggo in questi giorni di una nuova, e probabilmente come sempre inutile e sterile polemica.
L'argomento è pregnante, i contenuti importanti.

"Donne provocanti, se uccise colpa loro: il volantino ‘accusa’ le donne di meritarsi il peggio per essersi allontanate dalla virtù e dalla famiglia. Un pensiero condiviso dal parroco, e proprio la mattina di Natale, che a molti dei parrocchiani non è andato giù".
Bene.
Avrei una lista di persone che hanno variamente provocato le mie ire, negli anni.

Se l'omidicio non è più tale, quando istigato dalla vittima stessa, fatemelo sapere.


Secondo qualcuno, dunque:

"Proseguiamo nella nostra analisi su quel fenomeno che i soliti tromboni di giornali e Tv chiamano "femminicidio". Aspettiamo risposte su come definire gli aborti: stragi? Notoriamente, l'aborto lo decide la donna in combutta col marito e sono molti di più dei cosiddetti femminicidi. 
Una stampa fanatica e deviata, attribuisce all'uomo che non accetterebbe la separazione, questa spinta alla violenza. In alcuni casi, questa diagnosi può anche essere vera. 
Tuttavia, non è serio che qualche psichiatra esprima giudizi, a priori e dalla Tv, senza aver esaminato personalmente i soggetti interessati. Non sarebbe il caso di analizzare episodio per episodio, senza generalizzare e seriamente, anche per evitare l'odio nei confronti dei mariti e degli uomini? Domandiamoci. Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, ...
... si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti.
Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici e da portare in lavanderia, eccetera... 
Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (FORMA DI VIOLENZA DA CONDANNARE E PUNIRE CON FERMEZZA), spesso le responsabilità sono condivise.
Quante volte vediamo ragazze e anche signore mature circolare per la strada in vestiti provocanti e succinti?
Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre, nei cinema, eccetera?
Potrebbero farne a meno. 
Costoro provocano gli istinti peggiori e se poi si arriva anche alla violenza o all'abuso sessuale (lo ribadiamo: roba da mascalzoni), facciano un sano esame di coscienza: "forse questo ce lo siamo cercate anche noi"?
Basterebbe, per esempio, proibire o limitare ai negozi di lingerie femminile di esporre la loro mercanzia per la via pubblica per attutire certi impulsi; proibire l'immonda pornografia; proibire gli spot televisivi erotici, anche in primo pomeriggio. Ma questa società malata di pornografia ed esibizionismo, davanti al commercio, proprio non ne vuol sapere: così le donne diventano libertine e gli uomini, già esauriti, talvolta esagerano.

Quindi, se non ho capito male,
se tornando a casa dopo una giornata lavorativa di 13 ore o più, trovo piatti sporchi e biancheria da lavare, e il caro maritino sul divano, poco vestito e abbandonato in posizione languida e provocante, 
posso ritenermi autorizzata ad ESAGERARE un filino e piantargli un coltello da cucina in mezzo agli occhi?

Mi risulta che l'omicidio costituisca ancora reato.
Che privare una persona della propria vita, considerato che una sola ne abbiamo, sia indescrivibilmente grave ("grave" è understatement).

Penso che se avessi passato per le armi tutti coloro che mi hanno provocato o mi provocano, saremmo molti meno (e molto più simpatici!). 
Ma non si fa.
Non è lecito, non è giusto. Non è sano.

Su un aspetto concordo: chiamiamo i fatti con il loro nome.
Non "femminicidio", bensì omicidio, assassinio (Art. 575 c.p.).



venerdì 14 dicembre 2012

OMOFOBIA E SESSISMO

Ho sentito spesso dire, tra scherzo e serietà, che i maschi eterosessuali si dimostrano tanto preoccupati e schifati dai maschi omosessuali perche in fondo questi ultimi risvegliano in loro un celato desiderio, la nascosta consapevolezza di avere un lato omosessuale a propria volta.

Non credo sia così.
Credo che ancora una volta la ragione risieda nella tradizione estremamente maschilista, nella nostra pseudo-cultura permeata di sessismo.
Che permette, rende lecito, favorisce, considera normale che un uomo si permetta nei confronti di una donna apprezzamenti più o meno espliciti, a volte anche pesanti.
Abitudine del maschio a rivolgere "complimenti", che si ritiene debbano essere accettati senza riserve dalla femmina che ne è oggetto .
La quale troppo spesso nemmeno coglie la nota di squalificazione, di svilimento, l'offesa celata dietro un esplicito complimento all'italiana.
Non si accetta la possibilità che tale complimento, apprezzamento, sguardo, gesto così teatralmente galante sia smascherato per quello che è: manifestazione di una società fortemente sessista che considera la donna alla stregua di ornamento, non per quello che è, ovvero una persona, con la propria individualità e le proprie specificità.

Quando il pesante apprezzamento si fa avance, e se non gradito si tramuta in molestia, ancora non viene compreso il moto di distacco, di repulsione, quando c'è, da parte della donna.
Non si tiene conto dell'aggressività di questo "puntare la preda".
Naturale forse, certo socialmente accettato solo a senso unico.

In questo contesto in cui il maschio si ritiene a buon diritto, seppure con diversi gradi di aggressività  nel comportamento manifesto, incontrastato predatore, si inserisce il "pericolo" costituito da un altro predatore.
Un maschio che abbia come oggetto del desiderio un altro maschio.

Sarebbe logico ritenere che un'avance non gradita possa essere semplicemente rifiutata, e che il rifiuto venga accolto, seppure a malincuore, senza ulteriori conseguenze.
Così dovrebbe essere. Tra uomo e donna, o tra persone dello stesso genere.

L'immaginario maschilista però considera "naturale" e legittima un'aggressione verbale, l'uso dello sguardo per violare l'intimità dell'altra, e in qualche modo anche un contatto fisico, ancorché non cercato e non gradito.
Per meglio dire, non considera l'eventualità che tale gesto possa essere a buon diritto non gradito.

Ecco che, temendo di trovarsi dall'altra parte di quello sguardo, oggetto di quell'apprezzamento verbale, o (non sia mai!) di dover subire un'avance fisica, che si dà per scontato non contempli in risposta un ascoltato "no grazie", si insinua la paura.

Omofobia, per l'appunto.




martedì 8 marzo 2011

8 MARZO

Vorrei suggerire dove infilare le vostre mimose
(non lo farò, non sarebbe cortese - lascio spazio all'immaginazione, di questi tempi ci sono spunti a bizzeffe)
Sia chiaro, niente contro il fiore in sè. 
Un simpatico vegetale giallo che annuncia la fine dell'inverno.


 ******************
Le Pari opportunità

Peggiora il brutto voto dell’Italia in materia di pari opportunità tra uomini e donne: il Paese scende infatti dalla posizione numero 72 quella nomero 74. E’ l’ultima classifica del World Economic Forum (Wef) sul divario di opportunità tra uomini e donne,in 134 Paesi.
[...]
“Le differenze tra i sessi”, spiega Schwab “sono direttamente correlate con l’alta competitività economica: donne e ragazze vengono trattate in modo equo se un Paese è in crescita e prospero.
blitzquotidiano.it

Il dato più negativo, che maggiormente penalizza l’Italia nel report 2010, arriva dall’accesso e dalle opportunità delle donne nel mondo del lavoro. L’Italia è addirittura 97esima. La differenza più rilevante è la percentuale di occupati, 74% per gli uomini e solo 52% per le donne. Importanti anche le differenze salariali: le donne italiane guadagnano in media il 50% degli uomini, poco più di 20 mila euro di media, contro i circa 40 mila degli uomini.
Per quanto riguarda la presenza femminile in politica l’Italia fa un pochino meglio, posizionandosi al 54esimo posto.
businesspeople.it

... ma chi sono le rappresentanti degli italiani di genere femminile? Non più Tina Anseli o Nilde Jotti.
No, ora abbiamo persone che non portano competenza, amore per la cosa pubblica e dedizione al Paese. 
Abbiamo donne che fanno merce del proprio corpo e che unicamente per questo si trovano a ricoprire cariche pubbliche.
Per inciso, non che i loro colleghi maschi siano migliori. Solo, sono brutti. Il motivo per cui fanno carriera esula dall'aspetto fisico. (Anche dalla competenza, a ben guardare)
Se queste sono le "quote rosa", grazie.
Pensavo che il concetto significasse "non chiudere le porte a persone in gamba, capaci e preparate, competenti, integre, oneste e che provino e manifestino amore e dedizione per la cosa pubblica, solo perché femmine".
Pare sia stato interpretato piuttosto come "aprire le porte a persone inette, incapaci e incompetenti, corruttibili e corruttrici senza scrupoli, purché femmine e carine".



******************
L'immagine del "femminile"
(grazie, possiamo farne a meno)

"Se non ora, quando?" è lo slogan delle manifestaioni organizzate qualche settimana fa in occasione degli ennesimi scandali che hanno visto protagonista il piccolo irrispettoso omuncolo che dovrebbe guidare un Pease civile ed avanzato.
Beh, ... anche molto prima, non sarebbe stato fuori luogo.

Qualche frammento di vita vissuta del personaggio. Uno spaccato, pubblico tra l'altro, della sua levatura.
In ordine sparso.

Berlusconi palperebbe il culo ad un assessore. Con competenze anche sulle pari opportunità, per inciso.
L'assessore in questione minimizza.


Berlusconi e i soprammobili


"E le donne dove sono? Tutti gay, lì? ... La prossima volta che vengo a trovarvi le porto io, le Veline"


... ma sarà bello lui ...


Dicono di noi ...



******************
SVEGLIA! 

(Sarà più divertente vestirla)






sabato 25 dicembre 2010

WE ARE THE WORLD

martedì 25 maggio 2010

PER LE RIME

Elvira Dones scrive:


"Egregio Signor Presidente del Consiglio,

le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi" 2. Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."

Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia. Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora  -  tre anni più tardi  -  che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio.

Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel puttana sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.

Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo Sole bruciato. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.

In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci".


Ecco. 
Nessuno che sia stato in grado di rispondergli per le rime. 
Tranne una "bella" donna albanese.
Vergogna per il Paese in cui vivo.

domenica 11 aprile 2010

IO STO CON EMERGENCY



Qualcuno vuole che Emergency se ne vada dall'Afghanistan.

Emergency è una ONG (Organizzazione non Governativa) italiana, fondata da Gino Strada e da sua moglie Teresa Sarti nel 1994.

Gli operatori di Emergency portano assistenza sanitaria qualificata nei Paesi in cui sono in corso conflitti che provocano inevitabilmente morte e distruzione tra le popolazioni civili.
Regola degli ospedali di Emergency (centri di eccellenza dal punto di vista medico), è prestare cure a chiunque ne abbia bisogno, senza distinzione alcuna.
Negli ospedali di Emergency entrano persone, non possono entrare armi.

Tutti hanno diritto a cure qualificate e gratuite.
Non importa il credo religioso né lo schieramento politico, un paziente, malato o ferito (o entrambe le cose) è un essere umano che necessita di cure, ed ha diritto ad ottenerle.

“Se si può fare qualcosa per salvare una vita umana sia sempre meglio farla che il suo contrario, a prescindere da chi è la persona da tirare fuori dai guai.
A prescindere anche dai giochi della politica”.

Due libri di Gino Strada, assolutamente da leggere:

Smisurata ammirazione per il lavoro dei professionisti che operano a tutti i livelli in Emergency.
Esempio da seguire dal punto di vista professionale ed umano.
Prova evidente della possibilità concreta di coniugare efficienza e competenza con i più alti valori umani.

venerdì 2 ottobre 2009

LA VOCE DELLA VERITA'



Per non dimenticare


E' stata uccisa. Raccontava ciò che vedeva.
Chi dovrebbe indagare sulla sua morte proprio da questa ha tratto molti vantaggi.
Era una giornalista vera. Non sappiamo quasi più cosa significhi questo mestiere.
Da non dimenticare.

Avrei voluto conoscerla.

mercoledì 29 luglio 2009

EUTANASIA

Ho letto una toccante intervista alla moglie di Giovanni Nuvoli.
Recosonto di una sofferenza che non si può immaginare nemmeno mentre la si vive. Cronaca della crudeltà insensibile di chi ipocritamente dichiara di fare del male a qualcuno "per il suo bene". Tanto mi ricorda la "pedagogia nera" di cui la il nostro mondo è intriso.
Tutti dovremmo sapere, tutti dovremmo leggere queste parole. Non per capire il dramma, non è umanamente possibile non avendolo vissuto.
Ma per guardare in faccia l'ipocrisia. E smascherarla.

Il fatto (o meglio, l'epilogo):
24 luglio 2007
ALGHERO - È morto nella serata di lunedì Giovanni Nuvoli, 53 anni, di Alghero, affetto da sclerosi laterale amiotrofica che, come Piergiorgio Welby, aveva chiesto insistentemente che i medici ponessero fine alle sue sofferenze. La moglie Maddalena Soru ha precisato che al momento del decesso il respiratore «era ancora attaccato».
Da: Corriere.it



Il racconto:
Riporto alcuni brani brevi, tratti dalla conversazione di Maddalena Nuvoli che Vania Lucia Gaito ha trascritto su viaggionelsilenzio.ilcannocchiale.it , e che è possibile leggere per intero qui .

Non cercate di immaginare cosa sono stati questi anni per me. Non ci riuscireste. Ecco, mi sentivo come travolta da uno tsunami. Le onde erano molto più forti della mia volontà. L’unico punto fermo era Giovanni, la determinazione a stargli vicino e fare ciò che lui riteneva meglio per sé. Se solo si fosse rispettata la sua volontà, espressa sempre in maniera netta, senza tentennamenti, la sua agonia sarebbe durata molto meno. E invece il dolore di mio marito, la sua sofferenza, sono state prolungate in nome di non si sa bene cosa. Con un accanimento assurdo, feroce. Fino alla fine.
Voleva che la spina del respiratore fosse staccata. Era perfettamente lucido, sapeva con chiarezza cosa gli stava accadendo intorno e quali giochi inumani si portavano avanti sulla sua pelle. E non era affatto depresso, come qualcuno ha insinuato, come qualche giornale ha riportato. Voleva solo morire con dignità. E invece è stato costretto a morire di fame e di sete, tra sofferenze indicibili. E nessuno se ne è indignato, allora. Neppure i medici, neppure i giornalisti, neppure i benpensanti che invece, per il caso Englaro, hanno inondato col loro sdegno ipocrita le prime pagine dei giornali e i servizi dei telegiornali. Quasi ci fosse una disparità tra il morire per fame e per sete di Eluana, involucro inconsapevole di una vita che l’aveva abbandonata da troppo tempo, e il morire per fame e per sete di Giovanni, costretto a scegliere la strada più estrema, più dolorosa, più atroce, per vedere finalmente rispettata la propria volontà.
[...]
[In ospedale] ...Si avvicinavano a lui e chiedevano: “Beh, come va, come va?” Non prendevano neanche il cartello, perché non lo sapevano neanche leggere, e dicevano: “Sì, sì, va bene, va bene”. Poi arrivavo io e leggevo il cartello: “Oggi ho mal di stomaco” e nessuno aveva preso il cartello per permettergli di farsi capire.
[...]“E lei crede che stiamo lì a salutare? Ma noi siamo abituati alle persone in coma!” Così come fu agghiacciante la risposta di un primario quando chiesi che, dopo il ritorno a casa di mio marito, gli infermieri venissero a casa per tre ore al mattino e tre ora la sera: “Signora, noi le diamo un’ora dei nostri infermieri specializzati, per il resto se lo smerda lei.”
[...]
Finché un giorno, al sacerdote che ripeteva la solita cantilena sulla vita che deve essere vissuta perché è un dono di Dio, mio marito ha risposto: io sono nato da solo e morirò da solo, e dunque se davanti a Dio andrò da solo, la mia vita me la devo gestire io; e se la religione e la legge italiana affermano che non bisogna manipolare l’embrione, perché manipolate me, che non sono più un embrione e sono un uomo?
[...]
... su Giovanni i tubi si moltiplicavano: aveva la PEG, il sondino che entra direttamente nello stomaco, aveva la tracheotomia, il catetere, il port-a-cath, un dispositivo biotecnologico che permette di avere un accesso venoso centrale sempre disponibile… E intubato così, un uomo può vivere all’infinito, vive all’infinito, controllatissimo, ogni funzione monitorata… e le medicine pronte per ogni evenienza. Si vive all’infinito, sì… ma in quella maniera è vita? Perché questo è il dramma: la SLA permette di sopravvivere anche vent’anni, trent’anni, quarant’anni. E si finisce col morire per un’infezione. Un’infezione causata magari proprio da uno dei tubi inseriti ovunque.
E Giovanni non voleva morire in questo modo. Aveva consapevolezza del proprio corpo, di cos’era diventato. E ogni tanto chiedeva una cosa terribile: pretendeva che gli fosse portato lo specchio. Lo specchio grande, quello del bagno, perché voleva guardarsi interamente. E quando chiedeva lo specchio, di colpo piombava un silenzio cupo, peso, e in quel silenzio cupo, peso, andavamo a prenderlo, con la schiena bassa. Non voleva che fossi io a descrivergli il suo corpo, voleva vederlo. E mentre si guardava, in quel gran silenzio, io guardavo il suo viso. E se gli cadeva una lacrima, mi faceva capire: non toccarla questa lacrima, perchè questo sono io…
Ecco, io ho visto tante cose terribili, ho vissuto tante cose terribili, ma una delle peggiori era sentir chiedere lo specchio, guardarlo mentre si guardava e capiva perché tanti suoi amici non venivano più a trovarlo, perché tanti dicevano “Preferisco ricordarlo com’era”.

Ma, per fortuna, c’era anche chi riusciva a guardare l’uomo oltre quel mucchietto di ossa, oltre quella pelle trasparente. Venivano e magari qualcuno usciva fuori a piangere e diceva: Maddalena, non ci riesco, non riesco ad entrare… Perché qualcuno aveva anche paura e io gli dicevo: non preoccuparti, ci dà coraggio lui, è lui che dà coraggio a noi. E alla fine, quando andavano via, si sentivano sollevati, contenti, e tornavano. Alcuni tornavano anche due volte alla settimana. Ed erano quelli che rispettavano il pensiero di Giovanni, rispettavano la sua volontà. Capivano che la fine sarebbe stata una liberazione, e lo capivano perché erano veramente amici, e quella sofferenza la portavano con lui.
[...]
Il 7 luglio, il dottor Ciacca si presentò dai carabinieri di Alghero, per consegnare al procuratore capo di Sassari un'informativa su quello che aveva intenzione di fare: staccare il ventilatore martedì 10 luglio alle 23. I carabinieri lo trattennero e il capitano Francesco Novi lo interrogò fino alle 2.30 del mattino. Ma a mezzogiorno di quel 10 luglio, il medico fu richiamato dai carabinieri: la procura aveva intenzione di fare tutto quanto in suo potere per impedire al dottor Ciacca di compiere la volontà di Giovanni. Così ci siamo ritrovati la casa circondata dai carabinieri. Non sapevo che fossero carabinieri, perché erano tutti in borghese.
[...]
... il lunedì seguente Giovanni decise di non alimentarsi più. In mattinata venne il medico, e scrisse nella cartella clinica che da quel giorno non si doveva più dargli cibo né acqua. Così, come fosse una cosa normale, come se non fosse una atrocità inumana che si consumava sotto gli occhi dei medici benpensanti, dei giornalisti, della gente per cui Giovanni Nuvoli non era più un uomo ma un campo di battaglia. E nessuno di loro si indignò, nessuno di loro si scandalizzò per quella decisione. Nessuno parlò di alimentazione forzata, di sacralità della vita, in quella occasione. Finsero di non vedere e non capire. Finsero che quella non fosse una scelta lucida e consapevole di un uomo che non avevano saputo ascoltare, capire. Finsero di credere che mio marito non si alimentasse più a causa di un aggravarsi della malattia, e che questo suo digiuno non fosse un atto, quello più estremo, per riappropriarsi del proprio diritto di scegliere. Ecco, questo è, in fondo, quello che li spaventa di più: che un uomo possa scegliere.
[...]

Troppo frammentario questo "collage di parole".
Va letto tutto, il racconto di Maddalena Nuvoli.
Non per dirle: "Mi immedesimo", perché lei così risponderebbe, a ragion veduta: "e in cosa, in cosa ti immedesimi? Non ci si può immedesimare, perché in quel corpo sfinito, in quelle ossa coperte da un po’ di pelle, c’era Giovanni", ma per sapere, per avere un quadro meno romanzato di quello che ci forniscono i media imbeccati dai politicanti di turno.

La morte fa parte della nostra vita. Siamo condannati a morte dal momento in cui veniamo concepiti. Non può farci così paura. Negandola non la eviteremo.
Sarebbe più bello poter decidere come (e quando) morire.

Piuttosto che pontificare e cavillare su condizioni estreme di malattia e sofferenza, potremmo sancire una volta per tutte il principio secondo cui nessuno può permettersi di privare della vita un altro essere umano che altrimenti starebbe benissimo (nemmeno con il pretesto di missioni di pace per esportare la democrazia).


lunedì 4 maggio 2009

SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE

"L'aiuto ai paesi in via di sviluppo consiste nel portar via denaro ai poveri nei paesi ricchi per darlo ai ricchi nei paesi poveri".

Citato da P. Watzlawick ne "Il linguaggio del cambiamento" - Feltrinelli 1977 (pag. 80)

mercoledì 10 dicembre 2008

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI (Parigi, 10.12.1948)

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani oggi compie 60 anni.
In appendice al libro "Buskashì, viaggio dentro la guerra", Gino Strada auspica che il testo della Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, sia letto e meditato da tutti.
Perché ad oggi non c'è uno Stato al Mondo che abbia adottato ed applichi in pieno i 30 articoli che la costituiscono.
Dice Gino: "Mi piacerebbe, anzi, che ce ne fosse una versione plastificata, di piccolo formato, da tenere nel portafogli con la carta di identità e la tessera del gruppo sanguigno".



Ecco il testo da scaricare e stampare ...

Un foglio formato A4 (stampa fronte/retro)
Formato A4 - 2 pagine




Un "libricino" (stampa fronte/retro su foglio A4, e poi ... ritaglia!)
Libricino da stampare fronte/retro su foglio A4 e poi ritagliare e rilegare




... e da leggere:

Dichiarazione Universale
dei Diritti Umani

Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò e proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il cui testo completo è stampato nelle pagine seguenti.
Dopo questa solenne deliberazione, l’Assemblea delle Nazioni Unite diede istruzioni al Segretario Generale di provvedere a diffondere ampiamente questa Dichiarazione e, a tal uopo, di pubblicarne e distribuirne il testo non soltanto nelle cinque lingue ufficiali della Organizzazione internazionale, ma anche in quante altre lingue gli fosse possibile usando ogni mezzo a sua disposizione.
Il testo ufficiale della Dichiarazione è disponibile nelle lingue ufficiali delle Nazioni Unite, cioè cinese, francese, inglese, russa e spagnola. Il testo usato qui di seguito è identico a quello approvato dal governo Italiano.

Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, e hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà.
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;


L’Assemblea Generale
proclama

La presente dichiarazione universale
dei Diritti Umani

come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni; al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.


Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2
1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza limitazione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.
Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.
Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
Articolo 11
1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.
Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Articolo 13
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
Articolo 14
1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
Articolo 15
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Articolo 16
1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.
Articolo 17
1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.
Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Articolo 20
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.
Articolo 21
1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha il diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.
Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite
Articolo 25
1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della sua stessa protezione sociale.
Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.
Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Articolo 29
1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento ed il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.
Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante a alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.




sabato 12 luglio 2008

PERICLE e PAOLO ROSSI



«Il nostro ordine politico non si modella sulle costituzioni straniere. Siamo noi d'esempio ad altri, piuttosto che imitatori.
E il nome che gli conviene è democrazia, governo nel pugno non di pochi, ma della cerchia più ampia di cittadini: vige anzi per tutti, da una parte, di fronte alle leggi, l'assoluta equità di diritti nelle vicende dell'esistenza privata; ma dall'altra si costituisce una scala di valori fondata sulla stima che ciascuno sa suscitarsi intorno, per cui, eccellendo in un determinato campo, può conseguire un incarico pubblico, in virtù delle sue capacità reali, più che nell'appartenenza a questa o a quella fazione politica.
Di contro, se si considera il caso di un cittadino povero, ma capace di operare un ufficio utile allo Stato, non gli sarà d'impedimento la modestia della sua condizione.
Nella nostra città, non solo le relazioni pubbliche s'intessono in libertà e scioltezza, ma anche riguardo a quel clima di guardinga, ombrosa diffidenza che di solito impronta i comuni e quotidiani rapporti, non si va in collera con il vicino, se fa un gesto un po' a suo talento, e non lo si annoia con visi duri, sguardi lividi, che senza voler esser un castigo, riescono pur sempre molesti.
La tollerante urbanità che ispira i contatti tra persona e persona diviene, nella sfera della vita pubblica, condotta di rigorosa aderenza alle norme civili dettata da un profondo, devoto rispetto: seguiamo le autorità di volta in volta al governo, ma principalmente le leggi e più tra esse quante tutelano le vittime dell'ingiustizia e quelle che, sebbene non scritte, sanciscono per chi le oltraggia un'indiscutibile condanna: il disonore.
"Rubato" qui.



Il commento tagliente ed esilarante del leggendario Marco Travaglio:

sabato 5 luglio 2008

VIVE LA DIFFERENCE

Il bello della differenza - Bruno Bozzetto.

giovedì 19 giugno 2008

DAVIDE MARASCO

Uno strano caso di accanimento terapeutico ...

Con immenso (e riprovevole) cinismo, mi verrebbe da dire ai genitori del piccolo Davide di "lasciarlo andare", che forse chi ha tolto loro il diritto di decidere per il proprio sfortunatissimo bambino li ha anche sollevati da una responsabilità enorme.
Suggerirei loro di lasciare il piccolo nelle mani di chi mi pare sia anche più cinico, di sperare che la sua fievole ed effimera vita si spezzi quanto prima, e di trovare la forza di superare questo inimmaginabile dolore.

Loro però desiderano che sia divulgata questa petizione. Lo faccio volentieri.

Anche se probabilmente il piccolo Davide "risolverà da solo" la questione ... a conferma del fatto che i bambini (anche se a volte loro malgrado!) sono molto più saggi dei grandi.

Un po' di letture su MicroMega.

sabato 14 giugno 2008

COMPLEANNI

14 giugno 2008. Un augurio di buon compleanno a "tutti" coloro che oggi festeggiano (c'è chi ha orecchie per intendere).

E un ricordo ad una persona che avrei tanto voluto conoscere. Ernesto "Che" Guevara, un uomo puro, puro come un bambino.


Grazie a Nicola per il "promemoria!

Avrebbe 80 anni, ma è morto molto tempo fa. Idealista davvero, non solo a parole. Vorrei che di lui non rimanessero solo le immagini "inflazionate" sulle magliette...

lunedì 19 maggio 2008

194 RAGIONI PER SOSTENERE UNA LEGGE

Così esordisce il testo di una legge che tanto viene criticata (da chi non sa bene cosa sia una gravidanza) ma che poi così male non è:
"Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio.
L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite.
Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite".


Ecco la legge:


Credo che ciascuno debba difendere in ogni modo il diritto alla vita, credo che la vita umana sia il bene per eccellenza (ne abbiamo una sola!).
Penso anche che ci siano vie più sensate per farlo che accanirsi contro la possibilità di scelta di potenziali genitori che tali non desiderano essere.

Credo che nascere sia un diritto, ma che lo sia anche più avere una vita dignitosa, soddisfacente e stimolante. Che questa legge non vada cambiata, ma applicata fino in fondo. Per esempio "contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza", e fornendo un supporto reale e concreto ai neo-genitori.

J. Ratzinger ha recentemente detto qualcosa che condivido: " ... diversi problemi continuano ad attanagliare la società odierna, impedendo di dare spazio al desiderio di tanti giovani di sposarsi e formare una famiglia per le condizioni sfavorevoli in cui vivono. La mancanza di lavoro sicuro, legislazioni spesso carenti in materia di tutela della maternità, l'impossibilità di assicurare un sostentamento adeguato ai figli, sono alcuni degli impedimenti che sembrano soffocare l'esigenza dell'amore fecondo, mentre aprono le porte a un crescente senso di sfiducia nel futuro" da tgcom

Affrontare seriamente questi temi, promuovendo in parallelo una campagna di informazione vera sulla contraccezione e sull'educazione sessuale (rivolta a giovani e meno giovani!) porterebbe in modo naturale a relegare la pratica dell'aborto a pochi casi particolari riferiti a situazioni fisicamente o socialmente patologiche.

Non abbiamo dei servizi davvero utili e realmente fruibili a supporto dei genitori che lavorano, "maternità" è tuttora sinonimo di inabilità al lavoro, "carriera" e "famiglia" rimangono per la maggioranza delle persone due opzioni alternative e mutualmente esclusive.

Ridicolo questo attaccamento alla vita senza tenere conto delle conseguenze che nascere porta con sé.
Per ora sarebbe più utile e caritatevole battersi seriamente contro la pena di morte, per fare un esempio. Impegnarsi perchè i diritti fondamentali degli esseri umani siano rispettati, sempre e in ogni luogo (cosa che non avviene da nessuna parte fino in fondo!).

martedì 13 maggio 2008

DA VICINO NESSUNO E' NORMALE

« La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere »
Franco Basaglia

La legge 13 maggio 1978, n.180, la Legge Basaglia, quella che ha di fatto abolito i "manicomi", compie 30 anni.
Imperfetta, o perfettibile come tutte le norme, ha il pregio indiscutibile di considerare l'individuo nella sua unicità ed interezza, pur nel disagio:
"Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.
...
Nel corso del trattamento sanitario obbligatorio chi vi è sottoposto ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno.
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato"
.


NOI SIAMO GLI ERRORI CHE PERMETTONO LA VOSTRA INTELLIGENZA
L' Accademia della Follia è un progetto insano e bellissimo, teatrale e culturale, dove "la sofferenza individuale trova lo spazio delle parole e dei gesti".
Claudio Misculin e la sua compagnia teatrale di "soggetti a rischio" vanno oltre la legge 13 maggio 1978, n. 180, che ha deistituzionalizzato la malattia, ponendosi l'ambizioso obiettivo di deistituzionalizzare la follia.

Buon compleanno alla Legge 180, e buon lavoro all' Accademia della Follia!

mercoledì 30 aprile 2008

1° MAGGIO



Un mio augurio per la Festa dei Lavoratori.


L'Italia è una Repubblica fondata sul Lavoro.

E sarebbe giusto se ciascuno potesse esercitare il lavoro che desidera. In sicurezza, conciliando ed integrando le soddisfazioni professionali con la vita privata.