I VESTITI DEL RE

La mia sola dipendenza è la libertà.
E non intendo disintossicarmi.
****
I'm addicted to freedom only.
And I'm not going to undergo any treatment.

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mercoledì 4 settembre 2013

domenica 4 settembre 2011

A ME GLI OCCHI

mercoledì 24 agosto 2011

IL MALE DI VIVERE

Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

E. Montale - in Ossi di seppia


E la nuvola, E IL FALCO ALTO LEVATO


giovedì 30 settembre 2010

NON CHIEDERCI LA PAROLA

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Eugenio Montale



Eppure, forse ...

mercoledì 14 aprile 2010

OPPOSIZIONE E OPPOSTO

Manifesto di Chisciotte
(Erri de Luca, in "L'ospite Incallito" - pag. 34)


Non è l'oppositore dei poteri, lui è l'opposto.
Alla potenza oppone l'impotenza, un'altra volontà.
Non sta all'opposizione, che non c'è, sta nell'antipodo.
I poteri si affollano nei centri, da lui spazio ce n'è,
l'opposto è largo, diffamato, sparso.
Quando incontra un suo simile fonda una repubblica
su una stretta di mano, una città
senza sindaco, polizia, giudice, borsa.
Lo rinfresca ogni voce antipatica ai poteri, 
ma alla rivoluzione dice: troppo poco, 
buttare gambe all'aria, sovvertire non basta,
bisogna sradicarsi dal petto, dal respiro
la volontà di assumere potere, se no si ricomincia.
L'opposto ha un solo articolo della costituzione, 
a ognuno fare quello che si vorrebbe fatto a sé.

Ammiro, condivido, apprezzo.
Forma e contenuto.
Da dedicare a tutti gli opposti.

giovedì 4 settembre 2008

TEMPUS FUGIT



Ricordi sbocciavano le viole
con le nostre parole:
"non ci lasceremo mai,
mai e poi mai"
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
ma come fan presto, amore,
ad appassire le rose
così per noi.
L'amore che strappa i capelli
é perduto ormai.
Non resta che qualche svogliata carezza
e un po' di tenerezza.
E quando ti troverai in mano
quei fiori appassiti
al sole di un aprile
ormai lontano li rimpiangerai.
Ma sarà la prima
che incontri per strada,
che tu coprirai d'oro
per un bacio mai dato,
per un amore nuovo
E sarà la prima che incontri per strada,
che tu coprirai d'oro
per un bacio mai dato,
per un amore nuovo.

giovedì 14 agosto 2008

SO LONG ...



E sorridevi e sapevi sorridere coi tuoi vent'anni portati così,
come si porta un maglione sformato su un paio di jeans;
come si sente la voglia di vivere
che scoppia un giorno e non spieghi il perchè:
un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è.

Giorni lunghi fra ieri e domani, giorni strani,
giorni a chiedersi tutto cos'era, vedersi ogni sera;
ogni sera passare su a prenderti con quel mio buffo montone orientale,
ogni sera là, a passo di danza, a salire le scale
e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore,
quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore.

Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova,
era tanto potere parlarci, giocare a guardarci,
tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino,
religione del tirare tardi e aspettare mattino;
e una notte lasciasti portarti via, solo la nebbia e noi due in sentinella,
la città addormentata non era mai stata così tanto bella.

Era facile vivere allora ogni ora,
chitarre e lampi di storie fugaci, di amori rapaci,
e ogni notte inventarsi una fantasia da bravi figli dell'epoca nuova,
ogni notte sembravi chiamare la vita a una prova.
Ma stupiti e felici scoprimmo che era nato qualcosa più in fondo,
ci sembrava d'avere trovato la chiave segreta del mondo.

Non fu facile volersi bene, restare assieme
o pensare d'avere un domani e stare lontani;
tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?" In ogni cosa un pensiero costante,
un ricordo lucente e durissimo come il diamante
e a ogni passo lasciare portarci via da un'emozione non piena, non colta:
rivedersi era come rinascere ancora una volta.

Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione,
e il peccato fu creder speciale una storia normale.
Ora il tempo ci usura e ci stritola in ogni giorno che passa correndo,
sembra quasi che ironico scruti e ci guardi irridendo.
E davvero non siamo più quegli eroi pronti assieme a affrontare ogni impresa;
siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa.

"The triangle tingles and the trumpet plays slow"...

Farewell, non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d'estate
con qualcosa di fragile come le storie passate:
forse un tempo poteva commuoverti, ma ora è inutile credo, perchè
ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me...

Farewell - Francesco Guccini (in "Parnassius Guccinii", 1993)

giovedì 19 giugno 2008

SORRISI E RISATE

Credo si possa vivere senza conoscere il testo di ogni opera letteraria o poetica prodotta nei secoli. Credo che la letteratura e la poesia possano essere assaporate per sensazioni ed emozioni, e non debbano necessariamente essere analizzate in un esame autoptico.



Ecco il testo della prova di italiano di maturità , “dedicata” al povero Montale:

Eugenio MONTALE, Ripenso il tuo sorriso
(da Ossi di seppia, 1925)
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura
[caso] tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera
[edera] i suoi corimbi [infiorescenze a grappolo];
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto.

Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto s’esprime libera un’anima ingenua
[non toccata dal male del mondo],
o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano
[amuleto, portafortuna].

Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi
[inquieti ]in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto s’insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d’una giovinetta palma.


Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981) da autodidatta (interruppe studi tecnici per motivi di salute), approfondì i suoi interessi letterari, entrando inizialmente in contatto con ambienti intellettuali genovesi e torinesi. Nel 1925 aderì al Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce. Nel 1927 si trasferì a Firenze, ove lavorò prima presso una casa editrice e poi presso il Gabinetto Scientifico Letterario Viesseux. Nel dopoguerra si stabilì a Milano, dove collaborò al “Corriere della Sera” come critico letterario e al “Corriere dell’Informazione” come critico musicale. Le sue varie raccolte sono apparse tra il 1925 (Ossi di seppia) e il 1977 (Quaderno di quattro anni). Nel 1975 ricevette il Premio Nobel per la letteratura. La sua produzione in versi, dopo l’iniziale influenza dell’Ermetismo, si è svolta secondo linee autonome.
1. Comprensione del testo
Dopo una prima lettura riassumi brevemente il contenuto informativo della lirica in esame.
2. Analisi del testo
2.1. Nella prima strofa il poeta esprime, in una serie di immagini simboliche, da una parte la sua visione della realtà e dall’altra il ruolo salvifico e consolatorio svolto dalla figura femminile. Individua tali immagini e commentale.
2.2. Nel verso 2 ricorre l’allitterazione della “r”. Quale aspetto della realtà sottolinea simbolicamente la ripetizione di tale suono?
2.3. Il ricordo della donna è condensato nel suo viso e nel sorriso, nel quale si manifesta, “libera”, la sua “anima”
(v. 6). Prova a spiegare in che senso il portare con sé la sofferenza per il male del mondo può essere, come dice il poeta, “un talismano” (v. 8) per un’anima e come questa condizione possa essere altrettanto serena che quella di un’anima “ingenua” non toccata dal male (v. 6).
2.4. Nella ultima strofa ricorrono espressioni relative sia alla condizione interiore del poeta, sia alla “pensata effigie” (v. 9) della donna. Le prime sono riconducibili al motivo dell’inquietudine, le seconde a quello della calma. Commenta qualche espressione, a tuo parere, più significativa relativa a entrambi i motivi e in particolare il paragone presente nell’ultimo verso.
2.5. Analizza la struttura metrica (tipi di versi, accenti e ritmo, eventuali rime o assonanze o consonanze), le scelte lessicali (i vocaboli sono tipici del linguaggio comune o di quello letterario o di entrambi i tipi?) e la struttura sintattica del testo e spiega quale rapporto si può cogliere tra le scelte stilistiche e il tema rappresentato.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
Sviluppa con osservazioni originali, anche con riferimento ad altri testi dello stesso poeta e/o a opere letterarie e artistiche di varie epoche, il tema del ruolo salvifico e consolatorio della figura femminile. In alternativa inquadra la lirica e l’opera di Montale nel contesto storico-letterario del tempo.



Ed ecco il divertente commento di Giorgio De Rienzo - 18 giugno 2008
(da corriere.it)

"Premetto che sono per principio allergico all’analisi di un unico testo e per di più pilotata da una traccia prestabilita, perché quella traccia generalmente svia la lettura o l’imbriglia in un’interpretazione preconfezionata. Oltre tutto, in questa Maturità, la scelta del quarto componimento della terza sezione di Ossi di seppia di Montale non è felice, perché costituisce un testo poco rappresentativo dell’intera raccolta.

Ma entriamo nei dettagli. La traccia prevede, prima di tutto, che lo studente riassuma brevemente il «contenuto informativo della lirica in questione». Una poesia ha il valore di una notizia? Non lo sapevo. Lo studente, più saggio degli esperti del ministero, avrà proceduto a fare un semplice riassunto di ciò che i versi di Montale sanno evocare. La prima strofa mette in scena il ricordo di un «sorriso» che è come «un’acqua limpida», vista per caso, «tra le petraie d’un greto», una sorta di piccolo lago in cui si rispecchia l’edera e più in alto ancora «l’abbraccio d’un bianco cielo». Montale è qui chiarissimo: mette in primo piano un ricordo caro. Il Ministero complica tutto perché chiede di individuare la «visione della realtà» del poeta e quella del «ruolo salvifico e consolatorio della figura femminile». Siamo nei guai. Qui c’è un errore grossolano: la poesia è dedicata a Baris Kniaseff che donna non è, ma un vecchio amico ora «lontano». E allora cosa fare? Bisticciare con gli esperti o fare finta di niente? Dire che la ripetizione di tante «r» sta per una realtà ostile e «l’acqua limpida» per una donna che salva, sarà stata forse la scelta più accomodante.

E’ chiaro che tutto il resto va ora a precipizio perché la traccia, mentre s’intestardisce a mettere in scena una donna, chiede di spiegare (con un italiano traballante) in «che senso il portare con sé la sofferenza per il mondo può essere, come dice il poeta, "un talismano" per un’anima e come questa condizione possa essere altrettanto serena che quella di un’anima "ingenua" non toccata dal male». Ma se si leggono i versi non c’è questa equazione, ma solo una sorta d’interrogativa indiretta in cui ci si chiede se l’amico sia oggi un’anima ingenua o un’anima che soffre.

Lo studente saggio avrà a questo punto mandato a quel paese i signori del ministero e nell’ultima strofa seguirà Montale che, al ricordo della «pensata effigie» dell’amico, sommerge i propri «crucci estrosi». Poi, se sarà stato in grado, avrà fatto la sua bella analisi stilistica del componimento e quindi parlato genericamente della poesia di Montale. Tranquilli ragazzi, niente paura. Con esperti ministeriali così poco competenti, il vostro tema meriterà comunque un punteggio pieno".


Evviva!

sabato 26 aprile 2008

OGGI ...

Oggi va di sguardi all'indietro.
Colonna sonora degli anni 1993-1995.


La vedi nel cielo quell' alta pressione,
la senti una strana stagione?
Ma a notte la nebbia ti dice d'un fiato
che il dio dell' inverno è arrivato.

Lo senti un aereo che porta lontano?
Lo senti quel suono di un piano,
di un Mozart stonato che prova e riprova,
ma il senso del vero non trova?

Lo senti il perchè di cortili bagnati,
di auto a morire nei prati,
la pallida linea di vecchie ferite,
di lettere ormai non spedite?

Lo vedi il rumore di favole spente?
Lo sai che non siamo più niente?
Non siamo un aereo né un piano stonato,
stagione, cortile od un prato...

Conosci l'odore di strade deserte
che portano a vecchie scoperte,
e a nafta, telai, ciminiere corrose,
a periferie misteriose,
e a rotaie implacabili per nessun dove,
a letti, a brandine, ad alcove?

Lo sai che colore han le nuvole basse
e i sedili di un' ex terza classe?

L'angoscia che dà una pianura infinita?
Hai voglia di me e della vita?
Di un giorno qualunque, di una sponda brulla ...
Lo sai che non siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia,
un treno o una periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita,
non siamo né un giorno né vita...

Non siamo la polvere di un angolo tetro,
né un sasso tirato in un vetro,
lo schiocco del sole in un campo di grano,
non siamo, non siamo, non siamo...

Si fa a strisce il cielo
e quell' alta pressione è un film di seconda visione,
è l' urlo di sempre che dice pian piano:
"Non siamo, non siamo, non siamo..."



"Quello che non..." di Francesco Guccini
(in Quello che non ... - 1990)


martedì 3 luglio 2007

GIUDIZI UNIVERSALI



Troppo cerebrale per capire che si può star bene
senza complicare il pane
ci si spalma sopra un bel giretto di parole vuote ma doppiate
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
e quando dormo taglia bene l'aquilone,
togli la ragione e lasciami sognare,
lasciami sognare in pace
Liberi com'eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi
per tirare la maniglia della porta e andare fuori
come Mastroianni anni fa, come la voce guida la pubblicità
ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già
Troppo cerebrale per capire che si può star bene
senza calpestare il cuore
ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini
per scivolare meglio sopra l'odio
Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro al serbatoio
Potrei ma non voglio fidarmi di te io non ti conosco e in fondo non c'è
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma
rimane la cera e non ci sei più...
Vuoti di memoria,
non c'è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia
piccolissimo particolare, ti ho perduto senza cattiveria
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
e quando dormo taglia bene l'aquilone
togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace
Libero com'ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi
adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori
come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà
e non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà
Potrei ma non voglio fidarmi di te
io non ti conosco e in fondo non c'è
in quello che dici qualcosa che pensi
sei solo la copia di mille riassunti
Leggera leggera si bagna la fiamma
rimane la cera e non ci sei più, non ci sei più, non ci sei...

Samuele Bersani (1997)

giovedì 26 aprile 2007

OGGI ...

... faccio parlare per me il "burattinaio di parole":

In giardino il ciliegio è fiorito
agli scoppi del nuovo sole,
il quartiere si è presto riempito
di neve di pioppi e di parole.
All' una in punto si sente il suono
acciottolante che fanno i piatti,
le TV son un rombo di tuono
per l' indifferenza scostante dei gatti;

come vedi tutto è normale
in questa inutile sarabanda,
ma nell' intreccio di vita uguale
soffia il libeccio di una domanda,
punge il rovaio d' un dubbio eterno,
un formicaio di cose andate,
di chi aspetta sempre l' inverno
per desiderare una nuova estate...

Son tornate a sbocciare le strade,
ideali ricami del mondo,
ci girano tronfie la figlia e la madre
nel viso uguali e nel culo tondo,
in testa identiche, senza storia,
sfidando tutto, senza confini,
frantumano un attimo quella boria
grida di rondini e ragazzini;

come vedi tutto è consueto
in questo ingorgo di vita e morte,
ma mi rattristo, io sono lieto
di questa pista di voglia e sorte,
di questa rete troppo smagliata,
di queste mete lì da sognare,
di questa sete mai appagata
di chi starnazza e non vuol volare...

Appassiscono piano le rose,
spuntano a grappi i frutti del melo,
le nuvole in alto van silenziose
negli strappi cobalto del cielo.
Io sdraiato sull' erba verde
fantastico piano sul mio passato,
ma l' età all' improvviso disperde
quel che credevo e non sono stato;

come senti tutto va liscio
in questo mondo senza patemi,
in questa vista presa di striscio,
di svolgimento corretto ai temi,
dei miei entusiasmi durati poco,
dei tanti chiasmi filosofanti,
di storie tragiche nate per gioco,
troppo vicine o troppo distanti...

Ma il tempo, il tempo chi me lo rende?
Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende
la rabbia e il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati,
la gioia piana degli appetiti,
l'arsura sana degli assetati,
la fede cieca in poveri miti?

Come vedi tutto è usuale,
solo che il tempo stringe la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale
l' affanno e l' ansimo dopo una corsa,
l' ansia volgare del giorno dopo,
la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo
di questa cosa... che chiami...

vita...


"Lettera", di Francesco Guccini
(in D'Amore, di Morte e di Altre Sciocchezze)


Live (purtroppo di pessima qualità ...)