I VESTITI DEL RE

La mia sola dipendenza è la libertà.
E non intendo disintossicarmi.
****
I'm addicted to freedom only.
And I'm not going to undergo any treatment.

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venerdì 17 aprile 2015

CONVERSIONE LINGUISTICA


Perché Paolo Grimoldi chiama Laura Bolrdini "Signor Presidente", con tale accento sul maschile?
Che cosa vuole sottolineare, così facendo?
Non mi è chiaro.

Ma questo episodio induce a riflettere.
E potrebbe essere il pretesto per una "conversione linguistica".




Mi ricredo.
Forse l'idea di declinare al femminile ha un suo perché.
Ogniqualvolta sia possibile, usando una semplice "a", non le cacofoniche "essa" o "ice".
E forse, prima o poi, verrà a cadere anche il tono dispregiativo con cui le figure professionali vengono appellate quando riferite alle donne.

"Per il prof. Malesci, che richiama un noto opuscolo ufficiale del 1987 (le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, compilate da Alma Sabatini) il futuro è delle forme femminili: la ministra, l'avvocata, la soldata. Può darsi che egli abbia ragione.
A me sembra però che, al di là dell'uso di alcuni giornali (non di tutti!), più sensibili al "politicamente corretto", nella lingua comune forme del genere non siano ancora acclimatate e, anzi, potrebbero essere oggetto d'ironia. Sul loro successo incide negativamente anche il fatto che molte donne avvertano come limitativa la femminilizzazione coatta del nome professionale, riconoscendosi piuttosto in una funzione o una condizione in quanto tale, a prescindere dal sesso di chi la esercita."

La pensavo anch'io così: prima il ruolo, poi il genere.
Ho cambiato idea. Un ruolo al femminile non è meno autorevole.

sabato 7 febbraio 2015

MASCHERE NUDE


Persona. In origine (etrusca) la maschera indossata dagli attori teatrali.
Oggi intesa come "individuo", "essere umano".

Dilaga sul web e per le strade questa mania di dividere in categorie, di affibbiare etichette, di attribuire appartenenze totalizzanti.

La teoria degli insiemi insegna che è possibile appartenere a più categorie senza che per questo l'individualità di un "soggetto" sia alterata.
La psicologia  rileva che l'attribuzione di un'etichetta, da sola, provoca distorsioni nella percezione che potrebbero essere alla base di interi genocidi (cfr. Tajfel).

Abbiamo gli strumenti per conoscere, abbiamo la possibilità di esercitare il pensiero critico, abbiamo le strutture cognitive per superare le semplificazioni.
Ragionare per euristiche è comodo, funzionale, il più delle volte adattivo, nel quotidiano.
 
Ma dovremmo ricordarci di mettere in funzione i neuroni, di cercare informazioni, di elaborare dati, di uscire dalle gabbie delle appartenenze "minimali" quandi affrontiamo questioni importanti, serie, gravi, che coinvolgono la vita nostra e di altre persone.

Persone, per l'appunto. 
Prima che neri, bianchi, gialli o rossi, maschi o femmine, cristiani o musulmani o ebrei o politeisti o atei, ... 

E dovremmo iniziare a capire che una qualità non può descrivere indistintamente tutti gli appartenenti ad un gruppo. MAI.

A chi dice che "è naturale" dividere in gruppi e categorie, e ragionare per esclusioni, sarebbe opportuno rispondere che, per l'appunto, abbiamo tutti gli strumenti per rendercene conto ed evitare di farlo, ed abbiamo altrettanti strumenti per accorgerci che ci sono persone che sfruttano questa tendenza per orientare e controllare le masse.
La nascita dei totalitarismi (tutti) affonda le sue radici in questo.

Il fatto che sia "naturale" non significa che sia positivo. E non significa che non si possa superare. D'altra parte, ci consideriamo la specie "superiore" quando ci fa comodo, per poi appellarci agli istinti più primitivi quando questo avvalla le nostre piccole convinzioni. 









venerdì 28 novembre 2014

VIOLENZA


Chiamano violento il fiume impetuoso.



Ma le sponde
che lo comprimono,
nessuno le chiama violente.



 Bertolt Brecht

venerdì 3 ottobre 2014

ANTIPATIE E CATTIVERIE

Riflessioni futili e inutili, con sfondo al cappuccino.

Se una persona
ti sta antipatica, non ti piace, non ti è affine,
"è un problema tutto tuo".
Sta a te non frequentarla se non necessario,
ma hai il dovere di comportarti in modo corretto
quando devi avere a che fare con quella persona.



Se una persona,
che magari, perché no, ti piace anche, suscita la tua simpatia, 

compie un'azione crudele nei tuoi confronti
(con  piena consapevolezza e lucida volontà di fare male),
allora il tuo problema risiede nelle conseguenze di quella azione.
Ma la responsabilità ricade tutta su quella persona.


Non c'è spazio per il perdono.

Un errore si può comprendere.
La crudeltà no.

domenica 31 agosto 2014

INSPIRATION


A dispetto di chi crede che la vita debba essere sofferenza ed impegno faticoso e serissimo.
Sacrificio fine a sé stesso.

Gli obiettivi si raggiungono in modo più semplice ed efficace, se mentre si lavora duramente si è in grado di apprezzare appieno ciò che si fa.

Un discorso divertente, "light hearted".
Sul "nonsense" del vivere. E non solo.



Esilarante, stucchevole. Dissacrante.
Promuove il critical thinking, stimola a ragionare, ci ricorda che ridere non è da stupidi, se lo si fa in modo intelligente.

Una personalità interessante. Travolgente.
Dice cose interessanti e sensatissime, con un'ironia pungente, tagliente, incisiva, spietata.

Un genio.
Che, per dirla con Tim Minchin, è un "pazzo con un'audience"
"A genius is a mentally ill person with an audience"

Assolutamente INSPIRING.

CRITICAL THINKING

Non solo musica, non solo comicità.
Da ascoltare.
La versione sottotitolata in italiano, e più in basso per chi parla inglese anche l'introduzione dell'autore.

Esilarante. Intelligente. Dissacrante.
Strepitoso.




I have an apology to make
I'm afraid I've made a big mistake
I turned my face away from you, Lord

I was too blind to see the light
I was too weak to feel Your might
I closed my eyes; I couldn't see the truth, Lord

But then like Saul on the Damascus road,
You sent a messenger to me, and so
Now I've have had the truth revealed to me
Please forgive me all those things I said
I'll no longer betray you, Lord
I will pray to you instead

And I will say thank you, thank you
Thank you, God
Thank you, thank you
Thank you, God...

Thank you, God, for fixing the cataracts of Sam's mum
I had no idea, but it's suddenly so clear now
I feel such a cynic, how could I have been so dumb?
Thank you for displaying how praying works:
A particular prayer in a particular church
Thank you Sam for the chance to acknowledge this
Omnipotent ophthalmologist

Thank you, God, for fixing the cataracts of Sam's mum
I didn't realize that it was so simple
But you've shown a great example of just how it can be done
You only need to pray in a particular spot
To a particular version of a particular god,
And if you pull that off without a hitch,
He will fix one eye of one middle-class white bitch

I know in the past my outlook has been limited
I couldn't see examples of where life had been definitive
But I can admit it when the evidence is clear,
As clear as Sam's mum's new cornea
(And that's extremely clear! )

Thank you, God, for fixing the cataracts of Sam's mum
I have to admit that in the past I have been skeptical
But Sam described this miracle and I am overcome!
How fitting that the sighting of a sight-based intervention
Should open my eyes to this exciting new dimension
It's like someone put an eye chart up in front of me
And the top five letters say: I C, G O D

Thank you, Sam, for showing how my point of view has been so flawed
I assumed there was no God at all but now I see that's cynical
It's simply that his interests aren't particularly broad
He's largely undiverted by the starving masses,
Or the inequality between the various classes
He gives you strictly limited passes,
Redeemable for surgery or two-for-one glasses

I feel so shocking for historically mocking
Your interests are clearly confined to the ocular
I bet given the chance, you'd eschew the divine
And start a little business selling contacts online

Fuck me Sam, what are the odds
That of history's endless parade of gods
That the God you just happened to be taught to believe in
Is the actual one and he digs on healing,
But not the AIDS-ridden African nations
Nor the victims of the plague, nor the flood-addled Asians,
But healthy, privately-insured Australians
With common and curable lens degeneration

This story of Sam's has but a single explanation:
A surgical God who digs on magic operations
No, it couldn't be mistaken attribution of causation
Born of a coincidental temporal correlation
Exacerbated by a general lack of education
Vis-a-vis physics in Sam's parish congregation
And it couldn't be that all these pious people are liars
It couldn't be an artefact of confirmation bias
A product of groupthink,
A mass delusion,
An Emperor's New Clothes-style fear of exclusion

No, it's more likely to be an all-powerful magician
Than the misdiagnosis of the initial condition,
Or one of many cases of spontaneous remission,
Or a record-keeping glitch by the local physician

No, the only explanation for Sam's mum's seeing:
They prayed to an all-knowing superbeing,
To the omnipresent master of the universe,
And he quite liked the sound of their muttered verse.

So for a bit of a change from his usual stunt
Of being a sexist, racist, murderous cunt
He popped down to Dandenong and just like that
Used his powers to heal the cataracts of Sam's mum
Of Sam's mum

Thank you God for fixing the cataracts of Sam's mum!
I didn't realize that it was such a simple thing
I feel such a dingaling, what ignorant scum!

Now I understand how prayer can work:
A particular prayer in a particular church
In a particular style with a particular stuff
And for particular problems that aren't particularly tough,
And for particular people, preferably white
And for particular senses, preferably sight
A particular prayer in a particular spot
To a particular version of a particular god

And if you get that right, he just might
Take a break from giving babies malaria
And pop down to your local area
To fix the cataracts of your mum!

lunedì 14 luglio 2014

DELITTO e CASTIGO


 "Quando uno ha la casa devastata dai ladri 
e sa che i ladri non saranno puniti, 

quando ha un parente che è stato investito da una macchina pirata 
e sa che il colpevole se la caverà con poco o niente, 

allora la vittima prova un senso di abbandono e di angoscia

Penso che questa società,  indebolendo la certezza della pena, tolga alla giustizia una delle sue funzioni più importanti cioè quella di deterrente:  
molte persone sicure dell'impunità commettono reati".

Giuseppe Pontiggia

giovedì 1 maggio 2014

SICKNESS


sabato 26 aprile 2014

C'EST LA VIE


martedì 1 aprile 2014

UN MONDO PERFETTO





Un briciolo di "senso civico" è tutto ciò che ci servirebbe per impedire la tragedia del bene comune.
Per preservare il nostro mondo che così com'è non è forse perfetto ma sa essere meraviglioso.
Sarebbe ora di smettere di farne scempio quotidiano. E sarebbero sufficienti piccoli gesti.
Senso civico. Basterebbe.

lunedì 24 marzo 2014

IL TEMPO E' RELATIVO

Sbattendo contro questo articolo mi è tornata in mente una pseudo-conversazione avuta con un collega, qualche mese fa.

Alla mia considerazione secondo cui i nostri orari di lavoro e le giornate di impegno (non equamente retribuiti peraltro), lasciassero ben poco, troppo poco, spazio alla vita privata  (davvero poco, a volte nessuno per intere settimane), 
il suo sornione commento, è stato qualcosa del tipo "di che ti lamenti, come faresti se avessi famiglia?". 

Premesso che con impegni tanto pervasivi pensare di dedicarsi come sarebbe richiesto (con attenzione, cura e presenza) ad eventuale prole non sarebbe possibile (anche se, "naturalmente", per i colleghi maschi che svolgono il medesimo lavoro è diverso, poiché ci si aspetta siano le mogli ad occuparsi di casa e figli), 
non avere famiglia potrebbe essere una scelta deliberata e consapevole,
e tale scelta potrebbe essere finalizzata anche a garantirsi la possibilità di dedicare del tempo a sé stessi, a coltivare i propri interessi e relazioni, e perché no, a ricaricarsi per affrontare il lavoro con energie rinnovate, il nocciolo della questione è un altro.

Il lavoro deve essere di per sé gratificante, fa parte della vita di una persona e dovrebbe arricchirla, non impoverirla. Dovrebbe essere stimolante ed interessante. 
E i diritti delle persone che lavorano dovrebbero essere riconosciuti in modo giusto e "naturale".
Pare non sia così, e pare sia "meno così" per le donne.

Non si tratta di scegliere tra "scarpe" e "bambini", di essere o meno madri.
Si tratta piuttosto di superare questa assurda distinzione tra l'uomo, che ha tutto il diritto non solo di lavorare (e molto) ma anche di avere spazi per sé (che sia o meno anche un padre), e la donna, alla quale non viene riconosciuta la facoltà di avere una propria vita oltre ai doveri.

Non è quindi tra "single" e "mamme" che dovremmo andare a cercare la discriminazione.

***

Il tempo di noi single non vale meno di quello di voi mamme
di Elvira Serra 
 
 Lo so, rischio l’impopolarità. 
Ma questa cosa bisogna dirla. 
Il valore del tempo, come la legge, deve essere uguale per tutti. 
Qualche giorno fa un’amica mi ha raccontato: Sai, al lavoro stavo facendo sette cose contemporaneamente quando il mio capo mi ha chiesto se dopo potevo aiutarlo con un’altra. 
L’ufficio era deserto. Così sono sbottata: scusa, ma dove sono finite tutte? 
E lui, serafico: ma loro hanno dei bambini, ho detto che potevano andare a casa 
 Come se l’essere mamma facesse acquisire per diritto di parto dei crediti negati a chi mamma non lo è (e certo, se continua a lavorare così tanto figuriamoci se lo sarà mai!). 
Come se il tempo dell’una fosse in automatico più prezioso del tempo dell’altra. Il caso non è isolato. 
E il tema è ancora più caldo adesso. Non solo perché bisogna fare la denuncia dei redditi e, come ha scritto la mia collega Antonella Baccaro nel suo forum, se sei single paghi più tasse. 
Ma perché si avvicina la programmazione delle ferie estive e cominciano le grandi manovre per spostare le X sul tabellone delle presenze. 
Chissà perché, me lo ha confermato settimana scorsa un altro amico che fa il tecnico dei computer, quando c’è da cambiare le date si chiede sempre a chi non è sposato e non ha famiglia, facendolo pure sentire in colpa Dai, cosa ti costa? Tu non hai nessuno, lui invece ha la moglie con i giorni blindati A sentire tutte queste storie mi viene in mente Carrie Bradshaw quella volta che è andata alla festa per la nascita del nuovo figlio di Kyra e Chuck. Costretta a levarsi le scarpe all’ingresso, al momento di andare via si accorge che gliele hanno rubate. Era un paio di strepitose Manolo Blahnik color argento da 485 dollari, immolate sull’altare della sacra famiglia americana. 
Tant’è che Kyra minimizza con Carrie: “Non è il caso di prendersela tanto, è solo un paio di scarpe. E costa una cifra immorale!”. Carrie per un attimo mette in discussione il valore della sua vita di single, ma infine risolve la faccenda facendo una fantomatica lista nozze per il suo matrimonio con se stessa e invitando l’amica a partecipare al lieto evento acquistando l’unico articolo scelto come regalo: le Manolo perdute. Che così ritornano a casa. Quindi, sapete che c’è? C’è che io voglio le mie Blahnik. Metaforicamente (ma anche no). 
Il mio tempo di single vale come quello di una felice pluripara. 
La mia serata sul divano a leggere un libro è per me altrettanto vitale, rinfrancante e importante di quanto non sia per una mamma coccolare il suo bebè. 
Dunque, avviso ai naviganti: d’ora in poi per cambiare il turno delle ferie si estrae a sorte. 
E, in attesa di un figlio, io mi tengo le scarpe.

corriere.it


venerdì 21 marzo 2014

SEXISM AND THE SILICON VALLEY

Mi indirizzo per caso su un articolo il cui titolo attira la mia attenzione:
"Il sessismo nella Silicon Valley e lo "strano" caso di Julie Ann Horvath". 
Leggo distrattamente, e lì per lì non capisco cosa ci sia di "strano". 
La giornalista esordisce così: 

"C’è una storia che sta facendo molto discutere i media americani e che parla di un tema assai controverso,quello del sessismo nell’industria del tech e nel mondo del lavoro in generale. 
- Da noi le discriminazione di genere sul posto di lavoro sono ancora un tema poco toccato. Le donne  in molte realtà italiane sono ancora costrette a combattere per il permesso di maternità e sono ancora troppo poche nei posti di comando per fare emergere la questione. Ma c’è da starne certi: tra qualche anno il dibattito diventerà caldo anche da noi."

Niente di "strano", dunque.

Un'ordinaria (purtroppo) storia di discriminazione di genere.
Continuo a leggere, cercando qualche spunto di riflessione, amara, naturalmente.
E mi sembra di non sentire nulla di nuovo, nulla di fuori dall'ordinario, niente di ecclatante.
Proseguo.

"Horvarth racconta di aver lavorato duro per cambiare la cultura maschilista, tipica dell’ambiente tecnologico che tiene fuori dalla porta le donne in quanto considerate “inesperte” e che funziona come un club per soli maschi. E spiega di essersi fatta valere puntando i piedi."
 [...]

Ma la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso di Julie è stata un’altra. 
“Un giorno ho visto due mie colleghe, due amiche e due donne che stimo molto, giocare con l’hula hoop in ufficio. 
E fin qui niente di male. 
Peccato che lo stessero facendo davanti a un gruppo di colleghi uomini che stavano lì seduti a guardarle e battevano le mani. 
Come se fosse uno strip club. 
Non ci ho più visto e me ne sono andata”.
[...]
Al di là del merito, questa storia è interessante perché dimostra come il problema del sessismo sul posto di lavoro (che sia in ambito tecnologico o meno) è ancora molto grande. Persino in realtà moderne e all’avanguardia come la Silicon Valley. 
E che le donne, cercando di combatterlo, mettono a rischio le loro carriere. 
Ma non solo. 
Quanto accaduto a Horvath dimostra come spesso siano le donne a fare la guerra alle donne sul posto di lavoro.  
“Femminista da strapazzo” sta diventando infatti un insulto molto comune, rivolto a quelle donne che non accettano comportamenti discriminatori o battute sessiste dai loro superiori. E non sempre queste parole escono dalla bocca di un uomo"


E ancora non trovo nulla che mi "stupisca".
Ho addirittura l'impressione che sia un'articolo buttato lì, giusto perché l'argomento ogni tanto torna di moda, viene trattato in modo superficiale ma nella realtà dei fatti ignorato nel profondo.

Ed ecco che (illuminazione!) l'interesse si risveglia.
E' proprio questo meccanismo perverso, che ci fa dubitare della realtà dei fatti, che ci fa sminuire la gravità ed il peso di certe situazioni, il problema.
Questa nostra "abitudine" a considerare le battute, i comportamenti squalificanti, questa ostentata condiscendenza nei confronti di esseri che (è palese, è ovvio, è naturale), sono diversi.
Qui risiede il problema.

Non entro nel merito dell'episodio o del fatto in sé, non lo conosco e non ho letto abbastanza.
Mi soffermo sull'impressione che un articolo come questo produce.
Vicino al nulla.

Poi finalmente una conclusione (astratta e avulsa dal contesto) che di nuovo risveglia l'attenzione, e che condivido.

"Ma davvero ribellarsi a logiche ottocentesche, rifiutare le battutine, sottrarsi al gioco di compiacimento [...] attraverso la comunicazione fisica o non accettare di essere messe all’angolo nonostante si sia sgobbato [...] è roba da femministe? Non è piuttosto il comportamento di essere umani che lavorano e pretendono, come tutti, che i loro diritti siano rispettati?

Ecco, al di là dello specifico caso, questo è un interrogativo che ha senso.
Questo è il punto di partenza (e forse anche di arrivo).
La richiesta di vedere riconosciuti i propri diritti è legittima, è doverosa.
Pretendere di non vedere sempre preso in considerazione il proprio corpo piuttosto che la persona nella sua interezza.
Sembra un'inezia. E' una montagna.
 
Al di là del caso specifico.

Fonte

domenica 16 marzo 2014

PENS FOR LADIES

Un video da ascoltare.
Una risposta intelligente e divertente ad una trovata davvero idiota.



Tanta, tanta strada da percorrere ancora.
Prima però dovremmo prendere la direzione giusta.
Siamo molto lontani anche da questo.



sabato 30 novembre 2013

ERRARE HUMANUM EST

Sbagliare fa parte della natura umana.
Siamo progettati per essere fallibili, il che per lo più porta a risultati accettabili, spesso ottimali.

Una bugia non è un errore.
Mentire ed ingannare non è sbagliare.
Lo si fa con il preciso intento di raggiungere uno scopo.

L'errore si configura quando mentendo ed ingannando otteniamo un risultato diverso da quello che ci aspettavamo.

Uno sbaglio può essere compreso, a volte giustificato,
in termini di uso comune "perdonato".
Ma questo presuppone che chi l'ha commesso sia consapevole di averlo fatto.

Chi inganna non chiede scusa.
Chi mente non pensa di avere sbagliato.
Chi truffa lo fa con dolo, premeditazione, impegno.

La disonestà non è uno sbaglio.




martedì 26 novembre 2013

CIO' CHE NON SI PUO' DIRE




"Le cose bisogna dirle.
Bisogna dirle subito le cose. 
Perché tenersele dentro, stanno lì e fanno male.
[...]
Per aiutarti, ... tutti fanno a gara per aiutarti a DIMENTICARE.
[...]
Perché devo dimenticare?
C'è qualcosa che non si può dire? Qualcosa che da fastidio?
A chi?
Cosa non devo dire?
Ciò che non si può dire.

[...]
Per morire non occorre andare al Camposanto. 
Basta poco.
[...]


Lo spunto di uno spettacolo teatrale che racconta una "piccola" grande tragedia,
come tante, come troppe, evitabilissima.

Un racconto che suscita emozioni, la narrazione di qualcosa che è accaduto realmente.
Il pretesto per urlare che la verità può (e dovrebbe) essere detta.
E che questo non dovrebbe essere appannaggio esclusivo degli artisti.
I racconti "scomodi" ma veri
sono tollerati in un contesto di produzione e divulgazione artistica,
in teatro, in un romanzo, in un saggio, un dipinto.
A volte anche apprezzati.

Non sono ben accetti nella vita quotidiana, nel reale,
Dove si apprezza chi la verità tace e non chi invece la verità dice.


Fa riflettere. Amaramente.

Andrea Castelli.

Teatro di Cavalese - 2002
La tragedia del Cermis.

1 di 6

2 di 6


3 di 6




Forse sarebbe meglio non pensarci più.
invece io ci penso. Ci penso.
Testardo, lo so, ma non riesco a tenermelo dentro, 

non ce la faccio proprio.

"E dai, è successo quel che è successo, è andata come è andata, 
vedrai che il tempo aggiusterà le cose".
BALLE.

Il tempo non aggiusta proprio niente il tempo, ...
io devo dirlo quello che ho dentro.
Devo dirlo, dirlo a qualcuno ... 

Devo dire ciò che non si può dire.

 4 di 6



Non ce l'ho con l'America.
Ce l'ho con l'imbecillità.
E l'imbecillità, oltre a non avere sesso e religione, non ha Patria.


 5 di 6

 6 di 6





lunedì 25 novembre 2013

LA VIOLENZA NON E' UGUALE PER TUTTE

Tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non Governative (ONG) ad organizzare attività volte a sensibilizzare l'opinione pubblica in quel giorno. 

"Si chiama “violenza”, includendo quella di genere, quella che si realizza su una persona opprimendone l’autodeterminazione".

"Se dentro casa io mi ribellassi al potere di un uomo che intende controllare e reprimere la mia lotta per l’autonomia,  non si chiamerebbe violenza quella oppressione? Com’è perciò possibile che mi venga detto di esigere la libertà di dissentire, scegliere, autodeterminare la mia esistenza a casa se, invece, quando scendo in piazza per rivendicare il diritto a un tetto e al reddito si fa di tutto per farmi apparire una criminale e si dirà che sono un problema di ordine pubblico?"


Qualche mese fa ho assistito mio malgrado, sul luogo di lavoro, ad una conversazione tra uomini (il titolare ed alcuni dipendenti di una medesima azienda) che commentavano l'omicidio di una donna (la notizia sul Gazzettino on line).
Alcuni di questi in particolare avevano conosciuto personalmente la donna in questione, con la quale avevano lavorato per un periodo.
L'esordio nel definire la loro conoscente defunta è stato qualcosa del tipo "una gran gnocca" (concetto ripetuto più volte con varie perifrasi ed espressioni anche non verbali piuttosto colorite). 
Nessun accenno alla personalità, agli interessi, alla professionalità, naturalmente.

La conversazione è poi proseguita con l'osservare come l'attributo di "gran gnocca" della signora in questione fosse causa di antipatie nei suoi confronti da parte delle colleghe (naturalmente femmine), le quali usavano riservarle trattamenti poco professionali e di grande ostilità.
Comportamenti questi stigmatizzati come tipicamente femminili, illogici, infondati e ingiustificati.
Oltre che "cattivi". 
La sentenza finale è stata qualcosa come "Solo le donne sono capaci di tanta crudeltà. Un uomo non lo farebbe mai".
(Acuta analisi, argomentazioni di grande spessore, è sempre un piacere assistere a questo tipo di chiacchiere da bar senza poterle scansare).

Ho finto di ignorare la cosa.
Ho omesso di far notare loro che la ragazza è stata uccisa. 
E non dalle sue colleghe.
Bensì probabilmente da un uomo. Il suo datore di lavoro, tra l'altro.

L'omicidio è violenza.
Ma è anche vero che non è l'unica forma.
Che le cattiverie, la perfidia che si incontra quotidianamente sui luoghi di lavoro non è da sottovalutare.
Ho omesso anche di ricordare loro che troppo spesso nei contesti lavorativi e professionali i comportamenti che avevano condannato verbalmente poco prima sono perpetrati da maschi sulle colleghe e proprio in quanto femmine.
E che se ci guardassimo attorno senza preconcetti, con la voglia di vedere davvero, non potremmo affermare senza mentire che "Solo le donne sono capaci di tanta crudeltà. Un uomo non lo farebbe mai".

Non è così.









mercoledì 26 dicembre 2012

ASSASSINIO

Leggo in questi giorni di una nuova, e probabilmente come sempre inutile e sterile polemica.
L'argomento è pregnante, i contenuti importanti.

"Donne provocanti, se uccise colpa loro: il volantino ‘accusa’ le donne di meritarsi il peggio per essersi allontanate dalla virtù e dalla famiglia. Un pensiero condiviso dal parroco, e proprio la mattina di Natale, che a molti dei parrocchiani non è andato giù".
Bene.
Avrei una lista di persone che hanno variamente provocato le mie ire, negli anni.

Se l'omidicio non è più tale, quando istigato dalla vittima stessa, fatemelo sapere.


Secondo qualcuno, dunque:

"Proseguiamo nella nostra analisi su quel fenomeno che i soliti tromboni di giornali e Tv chiamano "femminicidio". Aspettiamo risposte su come definire gli aborti: stragi? Notoriamente, l'aborto lo decide la donna in combutta col marito e sono molti di più dei cosiddetti femminicidi. 
Una stampa fanatica e deviata, attribuisce all'uomo che non accetterebbe la separazione, questa spinta alla violenza. In alcuni casi, questa diagnosi può anche essere vera. 
Tuttavia, non è serio che qualche psichiatra esprima giudizi, a priori e dalla Tv, senza aver esaminato personalmente i soggetti interessati. Non sarebbe il caso di analizzare episodio per episodio, senza generalizzare e seriamente, anche per evitare l'odio nei confronti dei mariti e degli uomini? Domandiamoci. Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, ...
... si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti.
Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici e da portare in lavanderia, eccetera... 
Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (FORMA DI VIOLENZA DA CONDANNARE E PUNIRE CON FERMEZZA), spesso le responsabilità sono condivise.
Quante volte vediamo ragazze e anche signore mature circolare per la strada in vestiti provocanti e succinti?
Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre, nei cinema, eccetera?
Potrebbero farne a meno. 
Costoro provocano gli istinti peggiori e se poi si arriva anche alla violenza o all'abuso sessuale (lo ribadiamo: roba da mascalzoni), facciano un sano esame di coscienza: "forse questo ce lo siamo cercate anche noi"?
Basterebbe, per esempio, proibire o limitare ai negozi di lingerie femminile di esporre la loro mercanzia per la via pubblica per attutire certi impulsi; proibire l'immonda pornografia; proibire gli spot televisivi erotici, anche in primo pomeriggio. Ma questa società malata di pornografia ed esibizionismo, davanti al commercio, proprio non ne vuol sapere: così le donne diventano libertine e gli uomini, già esauriti, talvolta esagerano.

Quindi, se non ho capito male,
se tornando a casa dopo una giornata lavorativa di 13 ore o più, trovo piatti sporchi e biancheria da lavare, e il caro maritino sul divano, poco vestito e abbandonato in posizione languida e provocante, 
posso ritenermi autorizzata ad ESAGERARE un filino e piantargli un coltello da cucina in mezzo agli occhi?

Mi risulta che l'omicidio costituisca ancora reato.
Che privare una persona della propria vita, considerato che una sola ne abbiamo, sia indescrivibilmente grave ("grave" è understatement).

Penso che se avessi passato per le armi tutti coloro che mi hanno provocato o mi provocano, saremmo molti meno (e molto più simpatici!). 
Ma non si fa.
Non è lecito, non è giusto. Non è sano.

Su un aspetto concordo: chiamiamo i fatti con il loro nome.
Non "femminicidio", bensì omicidio, assassinio (Art. 575 c.p.).



venerdì 24 agosto 2012

ETICA NAIVE

lunedì 7 maggio 2012

DONNE E DOLORI

Ho trovato questo post.
Che desidero condividere.
Sarà che il tema della discriminazione, per me saliente da sempre,
in questo periodo costituisce un quotidiano tormento (purtroppo).

Sarà che non se ne parla abbastanza, o forse sì.
Ma certamente non nel modo appropriato.
Dovrebbe essere superato da tempo. Potremmo dedicarci ad altro, sarebbe ora.
Purtroppo siamo ancora lontan*. Molto lontan*. Troppo lontan*.


Dalla parte delle Cretine
da: www.freddynietzsche.com

lunedì 30 aprile 2012

IS FEMINISM ON THE RISE IN ITALY?


http://www.guardian.co.uk 

Compared to women in Italy, we are making progress 

It seems Italian women in the media are no better off, post-Berlusconi – and they are aspiring to the British model Imagine a beautiful young woman between two wizened men. 
They take off her coat to reveal a low-cut top and then make her say things in her funny foreign accent like a ventriloquist's doll. 

Now imagine this clip in English on a prime-time BBC news programme. Just imagine. 
This is what happened in Italy when Rai Uno, the state-owned channel, broadcast this news item on La Donna del Festival earlier this year. Rai thought nothing of broadcasting it at 8 pm, never dreaming that any Italian would complain. 
The channel, led by a female general manager, Lorenza Lei, were wrong. 
 Natascha Fioretti, equal opportunities director at the Associazione Pulitzer, complained and when Rai refused to apologise – saying that the clip was "only a game" – she launched a petition on Facebook. Some 4,000 people have signed so far. Surely this is a sign that feminism in Italy – for so long a dirty word in the era of the lothario-cum-president – is on the rise? 

My experience last week, on a panel about women and the media at the International Journalism Festival in Perugia, suggested not.
Instead of a renaissance in the woman's movement following the resignation of Silvio Berlusconi last year, the women I met spoke of their despair at what they describe as a gender backlash since Berlusconi quit.
"They say, 'now Berlusconi is gone, women are OK and there are more important things to worry about'," explains Fioretti.
Asked whether Italy is a good place to be a woman, Loredana Lipperini, who writes for La Repubblica, snorted: "In the light of this data there's no reason to be optimistic." Much of the focus last week – unsurprising given the nature of the festival – was not the fact that Italy has one of the lowest rates of working women, nor that pay inequality means that women are paid 40% less than men, it is the way they are regularly demeaned or treated as decoration in the media, particularly on screens long dominated by Berlusconi. (The owner of MediaSet could still influence the state-owned broadcaster Rai by making senior appointments).
This situation means that I found myself in the slightly unusual position of hearing the UK held up as some sort of role model when it comes to women and the media. Makes a change, eh? Even with page 3, advertising that promotes skeletal children and national TV screens largely devoid of wrinkly women, the strides made to recognise what women think and say rather than just what they look like in the UK is applauded in Italy. So while a classics professor might be forced to defend her long grey hair and lack of makeup, she simply wouldn't be given the gig in Italy.
The Leveson inquiry may have moved swiftly on from the complaints made by women's groups about the objectification and treatment of women to deal with corruption at the highest levels of office, but I came away encouraged by the sense that the way women are portrayed in the UK media is improving, if in no way equal to men.
I haven't let Italian vino go to my head.

The problems talked about in Perugia – the way violence against women is regularly seen as the woman's fault, the double standards meted out to female politicians, the way the word "feminist" is still laden with negative connotations, to name just a few, are all media issues that cross national boundaries – but there has been change. We once thought nothing of watching scantily clad women totter on our prime-time TV screens promising to save the world one furry animal at a time on Miss World.
Now we can turn to the web to complain; not always, and not enough, but we should at least be cheered by the opportunity. Perhaps I'm wrong. Has anyone out there got equally egregious examples of sexist TV in the UK? Or the worst bits of the British press? Let me know. It's always good to keep a list.
 

Jane Martinson
The Guardian,
Monday 30 April 2012


... no, it is not.