I VESTITI DEL RE

La mia sola dipendenza è la libertà.
E non intendo disintossicarmi.
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I'm addicted to freedom only.
And I'm not going to undergo any treatment.

martedì 24 giugno 2008

CEREBROLESI VS. COGLIONI (10 a 0)

Pensavo che per vivere tranquilli in questo Mondo rovescio, senza indignarsi né soffrire, senza sentire il desiderio irrefrenabile di emigrare o darsi al romitaggio, fosse necessario avere dei deficit cognitivi o neurologici importanti.
Dopo aver letto “Il discorso del Presidente”, (tratto da “L’uomo che scambiò sua Moglie per un Cappello”, di Oliver Sacks), ho cambiato idea.
Per bersi serenamente tutte le fandonie che ci propinano ormai in ogni istante ed occasione (la pubblicità, i politici, i media, il nostro capo, e così dicendo) forse è sufficiente essere idioti.
Anzi, citando un Presidente del Consiglio italiano … COGLIONI.


Che diavolo succedeva? Uno scroscio di risa dal reparto afasici, proprio all’inizio del discorso del Presidente, che tutti erano così ansiosi di sentire…
Eccolo là, il vecchio Seduttore, l’Attore, con la sua consumata retorica, il suo istrionismo, la sua bravura nel far leva sulle emozioni … e i pazienti si torcevano tutti dal ridere! Beh, non proprio tutti: alcuni erano sconcertati, altri scandalizzati, uno o due preoccupati, ma la maggior parte pareva divertirsi un mondo. Il Presidente, come sempre, toccava il tasto della commozione; ma ora, a quanto pareva, ne ricavava soprattutto ilarità. Che cosa succedeva a tutti quanti? Che cosa credevano? Non riuscivano a capirlo? O forse lo capivano fin troppo bene?
Spesso di questi pazienti, persone intelligenti ma affette da una gravissima afasia percettiva o globale che le rendeva incapaci di capire le parole come tali, si diceva che ciò nonostante capivano la maggior parte di quanto veniva loro detto. […]
Questo perché, se ci si rivolgeva loro con naturalezza, essi afferravano in parte o quasi completamente il senso della frase o del discorso. E naturalmente si parla “naturalmente”.
Sicché, per dimostrare la loro afasia, il neurologo doveva di proposito e con un bel po’ di sforzo parlare e comportarsi in modo innaturale, eliminare tutti li elementi rivelatori extraverbali: il tono della voce, l’intonazione, le sottolineature o le inflessioni evocative, e inoltre gli ausilii visiv; le espressioni del viso , i gesti, tutto il proprio repertorio personale e la propria postura, che sono in gran parte inconsci.
[…]
Perché tutto questo? Perché il linguaggio, il linguaggio naturale, non consiste di sole parole, né, […] di sole proposizioni. Esso consiste di espressione, dell’espressione di tutto il proprio pensiero con tutto il proprio essere, la cui comprensione implica molto più del semplice riconoscimento delle parole. Questa era la chiave per capire il modo di capire degli afasici anche quando sono del tutto incapaci di capire le parole in sé. Perché, anche se le parole, le costruzioni verbali, di per sé a volte non trasmettono nulla, il linguaggio parlato è di solito soffuso di “tono”, circondato da un’espressività che trascende il verbale; ed è appunto questa espressività, così profonda, così varia, così complessa, così sottile, che è perfettamente conservata nell’afasia, nonostante sia distrutta la capacità di comprendere le parole. Conservata, e spesso addirittura straordinariamente potenziata.
[…]
Di qui talvolta l’impressione - mia e di tutti noi che lavoriamo a stretto contatto con gli afasici - che a un afasico non si può mentire. Egli non riesce ad afferrare le tue parole, quindi non può esserne ingannato; ma l’espressione che accompagna le parole, quell’espressività totale, spontanea, involontaria che non può mai essere simulata o contraffatta, come possono esserlo, fin troppo facilmente, le parole … tutto questo egli lo afferra con precisione infallibile.
[…] Erano quindi le smorfie, gli istrionismi, i gesti e soprattutto i toni e le cadenze della voce a suonare falsi per questi pazienti privi di parola ma dotati di un’immensa sensibilità. E perciò, non ingannati e non ingannabili dalle parole, essi reagivano a queste incongruità e improprietà che apparivano loro smaccate e addirittura grottesche.
Ecco perché ridevano al discorso del Presidente.
Se non è possibile mentire a un afasico, data la sua particolare sensibilità all’espressione e al “tono”, che cosa succede, viene da chiedersi, ai pazienti (se ve ne sono) che mancano completamente del senso dell’espressione e del “tono” pur conservando immutata la capacità di comprendere le parole, pazienti che sono l’esatto contrario degli afasici? Noi ne abbiamo un certo numero, e sono ricoverati anch’essi nel reparto afasici, benché, tecnicamente parlando, non siano affetti da adagia, ma piuttosto da una forma di agnosia, in particolare da un’agnosia cosiddetta “tonale”. Per questi pazienti scompaiono le qualità espressive della voce, ossia il tono, il timbro, la sfumatura emotiva, l’intero carattere, mentre sono perfettamente comprensibili le parole, (e le costruzioni grammaticali). Tali agnosie tonali (o “atonie”) sono associate a turbe del lobo temporale destro del cervello, mentre le afasie si accompagnano a turbe del lobo temporale sinistro.
Tra i pazienti del nostro reparto afasici affetti da agnosia tonale, anch’essi spettatori del discorso del Presidente, ce n’era una che aveva un glioma nel lobo temporale destro. Si chiamava Emily D. ed era stata insegnante d’inglese e poetessa di una certa fama; grazie alla sua eccezionale sensibilità linguistica e alle sue vigorose capacità analitiche ed espressive, era in grado di formulare chiaramente la situazione opposta: come era inteso il discorso del Presidente da una persone addetta da agnosia tonale.
Emily D. non era più in grado di dire se una voce fosse arrabbiata, allegra, triste o altro. Dal momento che per lei ora le voci erano prive di espressione, doveva osservare il volto delle persone, le loro posture e i gesti che accompagnavano le loro parole, e scoprì di farlo con un’attenzione e un’intensità mai dimostrate prima. Ma anche in questo, purtroppo, era parzialmente impedita poiché aveva un glioma maligno e stava rapidamente perdendo anche la vista.
Scoprì allora che doveva prestare la massima attenzione all’esattezza delle parole e del loro uso, ed insistere perché gli altri facessero lo stesso con lei. Le era sempre più difficile seguire un linguaggio approssimativo o gergale, un linguaggio di tipo allusivo o emotivo, ed esigeva sempre più dai suoi interlocutori che parlassero in prosa: “parole esatte al posto esatto”. La prosa, come scoprì, poteva in certa misura compensare la mancata percezione del tono o del sentimento.
In questo modo fu in grado di conservare, e anzi di potenziare, l’uso del linguaggio “espressivo” (nel quale il significato era dato interamente dalla giusta scelta e referenzialità delle parole), pur trovandosi sempre più spersa di fronte al linguaggio “evocativo” (dove il significato è dato interamente dall’uso e dal senso del tono).
Anche Emily D: ascoltava dunque, con volto impassibile, il discorso del Presidente, servendosi di una strana mescolanza di percezioni potenziate e difettose – una mescolanza che era l’esatto contrario di quella dei nostri afasici. Il discorso non suscitò emozioni in lei – nessun discorso ormai aveva questo effetto – e tutto ciò che era evocativo, autentico o falso le sfuggì completamente. Ma allora Emily, priva di reazione emotiva, fu trascinata o abbindolata, come noi tutti? Niente affatto. “Non è convincente”, disse. “Non usa una prosa chiara. Usa le parole in modo improprio. O ha dei disturbi cerebrali oppure ha qualcosa da nascondere”. Così il discorso del Presidente non funzionò neanche per Emily D. con la sua sviluppata sensibilità per l’uso formale del linguaggio, per la proprietà e la prosa, così come non funzionò per i nostri afasici, con la loro sordità alle parole ma anche la loro sviluppata sensibilità al tono.
Ecco dunque dov’era il paradosso del discorso del Presidente. Noi normali, indubbiamente aiutati dal nostro desiderio di esser menati per il naso, fummo veramente menati per il naso (populus vult decipi, ergo decipiatur), e così astuta era stata la combinazione di un uso ingannevole delle parole con un tono ingannatore che solo i cerebrolesi ne rimasero indenni, e sfuggirono all’inganno.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'estratto è superbo, mi hai fatto venir voglia di leggere il resto!

Simona ha detto...

E' un libro davvero "gustoso". Io l'ho mangiato. Avvicina i "non addetti ai lavori" ai misteri del nostro cervello. Intrigante. E molto umano!